Esempi di interventi
Il classico inconveniente per il quale si interviene più di frequente è l’impatto con il fondo, per cui risulta il più esemplificativo.
Vediamo di seguito cosa può accadere in caso di impatto.
Dinamica di un impatto con il fondo durante la navigazione
Il bulbo impatta il fondo in fase di avanzamento, in abbrivo o durante la discesa nel cavo dell’onda.
La deriva,durante l’abbassamento della barca nel cavo dell’onda, si appoggia al fondo fermando la discesa, l’inerzia nel senso verticale genera dei carichi “C” che comprimono le strutture di irrigidimento sia a pruavia che a poppavia del recesso. (immagine 1)
A causa dell’inerzia del moto sul piano orrizontale, invece, si genera un carico sul bulbo che crea una coppia di braccio più o meno pari alla profondità della deriva, che sollecita con la forza “C”, la struttura poppiera del recesso a compressione e con la forza “T” la parte prodiera del recesso a trazione. (immagine 2).
La successione, la qualità di questi due eventi o la preponderanza di uno rispetto all’altro generano i vari tipi di esiti che riscontriamo su una imbarcazione che abbia subito impatti con il fondo.
immagine 1
immagine 2
La barca può colpire il fondo anche all’ormeggio, ad esempio ove il fondale non sia sufficiente a far evitare che una forte risacca faccia impattare la deriva della barca con il fondale. In alcune zone, come ad esempio in alcuni marina dell’Adriatico, le barche spesso si appoggiano al fondo sabbioso durante la bassa marea.
Questo non sarebbe un grosso problema, infatti normalmente la struttura è in grado di sostenere staticamente anche l’intero peso dell’imbarcazione, ma la dinamica di una forte risacca, e la stessa inerzia dell’albero è sufficiente a generare leve che sollecitano, affaticando, la zona del recesso o dell’accoppiamento deriva scafo.
Esiti da impatto
In un impatto quello che entra in gioco è energia. Ogni struttura che cede la assorbe, ma ogni struttura che non cede la trasmette e quindi da qualche parte la struttura deve assorbire il colpo, deformandosi elasticamente o cedendo.
I danni dovuti ad un impatto non sono sempre realmente visibili e sopratutto non sono mai visibili le delaminazioni interne al fasciame o sotto le giunzioni delle strutture interne. Altre volte invece, pur riscontrando danni visibili anche al mobilio, non significa che esista un danno altrettanto grave nella struttura, casi naturalmente rari.
La foto 1, è l’immagine di una struttura in cui non si riscontrava nessun esito visibile dell’impatto. L’utilizzo dell’ultrasuono ha evidenziato però una delaminazione del fissaggio dei madieri al fasciame.
Si noti che gli spessori rilevati con gli ultrasuoni, e marcati in loco, evidenziano ai lati una misura (pari a quella del fasciame più la laminazione del rinforzo), di valore dai 15.5 ai 17.5 mm, mentre proprio nella zona immediatamente adiacente ai prigionieri di montaggio della deriva, zona che dovrebbe essere di massima resistenza e rigidità, le misure si riducono a 2.5/8 mm, segno che esiste una separazione a quelle profondità delle stratificazioni della struttura: esiste una delaminazione.
Alla barca è stato staccato il bulbo, eliminata la fascettatura di giunzione del madiere allo scafo, pulita la delaminazione e rilaminato fasciame e incollaggio del madiere, fino allo spessore nominale, riutilizzando gli stessi materiali della produzione.
Di solito, una riparazione, eseguita a regola d’arte, non solo ripristina ma irrobustisce la struttura oltre lo standard che esisteva dopo la costruzione. E il controllo con ultrasuoni può permettere da parte degli enti preposti la certificazione della riacquistata ‘idoneità alla navigazione, sulla base di dati oggettivi.
Altro problema che può nascere in un impatto che non dichiari problemi a livello visivo è l’infiltrazione di acqua nel fasciame dovuto a una delaminazione precedente non rilevata.
L’immagine in foto 2, evidenzia una macchia più scura del laminato.
La zona è quella poppiera di un recesso chiglia, (si nota l’ultimo foro del prigioniero di fissaggio). Questa imbarcazione aveva sicuramente subito, in passato, un sinistro, la zona è quella di compressione della parte poppiera.
La sollecitazione verso l’alto ha affaticato la chiglia in quel punto sollecitandone a taglio il laminato, delaminando la zona che ora appare più scura al centro della foto, ripulita dalle vernici e dal gelcoat. La macchia scura si è generata dalla marciscenza nei tessuti dovuta ad infiltrazione di acqua.
foto 2
Anche se di pochissimo, il movimento della struttura nel punto prossimo al foro ha permesso di aprire una via di acqua che ha impregnato la zona delaminata, caratterizzata, dopo l’urto, da poca compattezza e interstizi.
Il laminato, in quel punto molto delicato della barca, è degenerato e ha perso ogni sua caratteristica meccanica.
L’acqua non entrava all’interno dell’imbarcazione quindi non era possibile rilevare il danno.
Invece in foto 3, sono evidenziate le quote che hanno messo alla luce una delaminazione la cui l’infiltrazione era tale che l’armatore dell’imbarcazione trovava spesso un po’ di acqua sotto il vano motore.
Questi per un anno ha pensato fosse semplicemente una perdita dell’impianto di raffreddamento, ma in realtà era l’esito di un impatto a lui nascosto, al momento dell’acquisto dell’imbarcazione usata.
Anche se di pochissimo, il movimento della struttura nel punto prossimo al foro ha permesso di aprire una via di acqua che ha impregnato la zona delaminata, caratterizzata, dopo l’urto, da poca compattezza e interstizi. Il laminato, in quel punto molto delicato della barca, è degenerato e ha perso ogni sua caratteristica meccanica. L’acqua non entrava all’interno dell’imbarcazione quindi non era possibile rilevare il danno.
Invece in foto 3, sono evidenziate le quote che hanno messo alla luce una delaminazione la cui l’infiltrazione era tale che l’armatore dell’imbarcazione trovava spesso un po’ di acqua sotto il vano motore. Questi per un anno ha pensato fosse semplicemente una perdita dell’impianto di raffreddamento, ma in realtà era l’esito di un impatto a lui nascosto, al momento dell’acquisto dell’imbarcazione usata.
foto 3
A volte si sottovalutano gli esiti di un impatto, perchè non potendo vedere dentro alla materia e rilevando solo superficialmente piccole crepe o semplici distacchi di colla dalle strutture senza evidente interessamento alle laminazioni, non si scende ad approfondire i controlli.
Questi casi mettono in serio pericolo la sicurezza delle barche e degli equipaggi.
Un esempio da portare in questo caso è il seguente:
A volte nella deriva viene ricavato un alloggiamento fatto per accogliere un profondo recesso dello scafo: la ghiotta, nella quale finisce tutta l’acqua di condensa o di pulizia delle sentine.
Per la dinamica descritta in precedenza nelle immagini 1 e 2, se tale ghiotta è solidamente attaccata all’alloggiamento della deriva, per la presenza di mastice o per semplice interferenza di montaggio, questa si danneggia dando luogo ad una pericolosissima via d’acqua attraverso la giunzione deriva/chiglia del recesso.
A volte la lesione è tale per cui non è visibile perfettamente dall’interno perchè si limita ad una delaminazione degli strati più profondi. a volte si manifesta con crepe del gelcoat e ingresso di piccole quantità di acqua.
Nell’immagine 3 vediamo il disegno in sezione della ghiotta all’interno della fusione della deriva.
immagine 3
Una barca, usata da una società di charter, aveva impattato durante l’estate, in mala fede nessuno aveva denunciato la cosa che comunque non dava evidenti segnali.
Non c’erano vie di acqua che mettessero in allarme e gli unici segni evidenti erano nascosti sotto dei paglioli fissati con viti e non ispezionabili.
A fine stagione la barca fu trasferita per 100 miglia con cattivo tempo, fu una lunga bolina su mare formato.
Il giorno dopo all’arrivo al nuovo porto ci si accorse che la barca aveva riempito le sentine di acqua. Se fosse stata la barca di un privato, visitata al più ogni week end, sarebbe affondata, per fortuna questa barca essendo una barca di lavoro era vissuta quotidianamente.
Smontati i paglioli fissati con le viti, ci si accorse che un madiere era scollato.
Da un esame della ghiotta si riscontrò che alcune crepe sul gelcoat nella parte prodiera di questa erano divenute via d’acqua.
Prima di intervenire con una analisi ad Ultrasuoni, oltre alle crepe nella ghiotta, la situazione visibile era la seguente:
foto 4
Un madiere si era scollato dallo scafo, il suo incollaggio era apparso però eseguito male, infatti il laminato lucido sotto di esso faceva intuire una non buona adesione della colla allo scafo.
foto 5
In prossimità delle viti di fissaggio della deriva esistevano solo piccole crettature,apparentemente nel gealcoat.
foto 6
Fu stilato un preventivo e si diede inizio ai lavori di riparazione.
Il preventivo contemplava il distacco della deriva, la riparazione della ghiotta e il fissaggio del madiere al fasciame. Il cantiere che aveva preso in esame l’imbarcazione non aveva ritenuto ci fossero altri problemi su cui intervenire. Il responsabile tecnico della società di charter però, valutando la quantità di ghisa che era stata asportata dal bulbo nell’impatto, valutò che l’energia in gioco era stata più alta di quella che avrebbe potuto produrre il semplice danno visto all’interno. Chi aveva assorbito tale energia?
foto 7
Fu così richiesto l’intervento di un Perito e da questi l’intervento di valutazione non distruttivo, a mezzo ultrasuoni.
Le scansioni rivelarono vaste delaminazioni a carico del fasciame e che la ghiotta nonostante il gel coat interno non avesse segni importanti, era ancora attaccata alla barca per pochissimi strati di tessuto.
Cosa era accaduto esattamente?
Purtroppo il danno era stato sottovalutato da parte dei tecnici presso la base charter prima ancora che dal cantiere.
La barca aveva impattato, ma non faceva acqua non erano stati preventivamente smontati i paglioli e quindi non si evidenziavano evidenti danni.
Però durante la faticosa navigazione di trasferimento, le delaminazioni e il distacco del madiere avevano permesso troppa mobilità alla struttura, facendo cedere ulteriormente la ghiotta fino a quasi aprire una fvia d’acqua notevole con la probabilità di perdita del mezzo e dell’equipaggio se la navigazione si fosse prolungata.
foto 8
Il preventivo di riparazione cambiò drasticamente, fu rilaminata una zona che complessivamente interessò due metri per quattro l’opera viva, su un galleggiamento di 12 metri, l’assicurazione intervenne e la barca riacquistò tutte le caratteristiche strutturali e di sicurezza di cui era dotata all’acquisto. Tutto questo grazie ad un progetto di laminazione fatto dal perito, in base alla relazione del tecnico ultrasonista.
Ultrasuoni e Tap Test
Una valutazione erronea del danno da impatto si può avere anche quando si stima una delaminazione con il sistema del Tap Test.
Il principio è quello degli ultrasuoni, si batte la superficie e si ascolta il suono che emette.
In aeronautica, viene usato un piccolo martello che contiene un accelerometro che rileva la risposta del laminato o del sandwich dando un riscontro oggettivo su display. Questo test viene usato per controllare parti omogenee e morfologicamente regolari, quali ali, alettoni, pannelli.
In mancanza di questo strumento si utilizza anche il famoso “dollaro d’argento”, che è sostituito da una sfera di metallo dello stesso peso della moneta, lo si lascia cadere da pochi centimetri sul campione (superficie piane) e si rileva acusticamente la risposta.
Sia la risposta del martello elettronico che quella acustica in questi casi sono interpretabili, in quanto l’omogeneità e la regolare forma dei campioni non offre variazioni rilevanti delle indicazioni che possano confondersi ed essere erroneamente valutate.
Nel mondo della nautica ci sono invece persone che applicano questo sistema come rabdomanti, usando un piccolo martello di legno su tutte la superfici e le strutture.
Il sistema sarebbe valido in presenza di strutture semplici, come quelle citate sopra, ma non può assolutamente dare esiti oggettivi e sopratutto corretti, in strutture complesse come quelle di una carena, con rinforzi, incollaggi dovuti a sovrastrutture, mobili e accessori, rastremazioni e una notevole mancanza di standard di spessori delle superfici in esame.
La probabilità di mappare correttamente una zona danneggiata con questo sistema è piuttosto bassa e a volte più casuale che oggettiva.
Naturalmente si escludono i casi di estrema evidenza, riscontrabili anche battendo le sole nocche delle dita.
Questo è dimostrato dal fatto che quasi la totalità delle volte che si testano zone marcate da chi usa questo metodo gli esiti degli ultrasuoni e la verifica durante la riparazione ha dato esiti differenti. E si aggiunge che comunque in aeronautica l’ultrasuono resta la metodologia principe per il controllo dei compositi.
Come scrisse uno dei migliori e più scrupolosi Periti, “l’analisi ad ultrasuoni rispetto alle obsolete tecniche di rilevamento dei danni, stanno fra loro come la moderna tecnologia di telefonia mobile e il tam tam della giungla nel mondo delle telecomunicazioni”.
Sicuramente tali analisi sono un immediato aggravio di costo ma mettono al riparo da cattive sorprese, da rischi inutili e da cattivi acquisti quando ci si accinge a valutare un imbarcazione sotto il profilo della riparazione, della sicurezza e del vero valore del bene.
L’esperienza dice che il costo, alla fine, viene ammortizzato in sicurezza o in risparmio.
Mentre nei sinistri l’ultrasuono è sicuramente “sfavorevole” alle assicurazioni, che si vedono sottoporre preventivi oggettivamente insindacabili, e favorevole ai cantieri, che operano riparazioni più precise, nella compravendita diviene uno ottimo strumento apprezzato da entrambi gli attori se onestamente coinvolti.
Testimonia la validità e la serietà del metodo nella compravendita, il fatto che anche il solo venditore di una imbarcazione si avvalga, a volte, di questa prestazione al fine di garantire a se stesso e agli altri di operare una vendita regolare e sicura.